“La prima cosa che va detta è che è normale sentirsi a disagio o allarmati per la situazione stressante che stiamo vivendo. Mi preoccuperei del contrario. Il virus ci ha fatto capire che non siamo invincibili. Bisogna ripartire da qui. È certamente un momento sfidante, ma che può rappresentare anche la possibilità di uscirne meglio di come eravamo entrati. Possiamo liberarci da tanti orpelli mentali che ci eravamo creati e concentrarci sui valori veri. Capire che nulla è scontato, neanche il pranzo della domenica dalla mamma. Questo potrebbe portarci a dare un senso diverso alle nostre abitudini”. Stefano Clerici è psicologo, psicoterapeuta e Coordinatore del servizio di psicologia clinica della salute IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. Come affrontare la fase che stiamo vivendo e le varie fasi che arriveranno?
Quanto ha influito un cambiamento così radicale nelle nostre abitudini?
“Molto. Ci siamo ritrovati improvvisamente da una situazione in cui la nostra vita era incentrata sulla socializzazione da contatto, a un’altra in cui dobbiamo restare chiusi in casa e quando usciamo dobbiamo rispettare il distanziamento sociale. L’esistenza prevedeva la frequentazione di familiari, amici, colleghi, conoscenti in luoghi di grande aggregazione sociale. Prendevamo aerei, tram, metropolitane, treni. Andavamo al cinema, allo stadio, a teatro, a vedere un concerto, nei bar affollati e nei ristoranti. Molti di noi passavano poche ore in casa, con tutta la propria vita proiettata verso la socialità. Ora viviamo una situazione diametralmente opposta. Siamo rinchiusi in casa, a contatto solo con chi già abitava con noi, spesso soli. Le rare uscite sono per comprovate esigenze. In più fuori dalla porta c’è il coronavirus, il nemico pubblico numero uno”.
Come affrontare la fase che stiamo vivendo: qual è la difficoltà più importante?
“La nostra vita nella maggior parte dei casi è fatta di abitudini. Quelle ci sono venute a mancare. La difficoltà più importante è stare da soli: soli come single, ma anche soli all’interno della famiglia. Siamo “costretti” a pensare, siamo obbligati a convivere con i nostri limiti. Prima eravamo molto distratti dal contorno sociale in cui eravamo immersi”.
Perché ci sono ancora persone che non riescono a stare a casa, tanto da rischiare multe salate e altre conseguenze penali?
“Bisogna capire da cosa stanno fuggendo. All’interno del nucleo familiare ci possono essere anche situazioni complesse. C’è poi una categoria di persone che si sente onnipotente o che semplicemente pensa che la malattia non lo riguardi. Prendiamo ad esempio un fumatore: si sa con certezza che fumare fa molto male. Chi continua a fumare non pensa che la malattia colpirà proprio lui. Così chi esce anche quando non dovrebbe, mette in atto lo stesso meccanismo di negazione”.
Come affrontare la fase che stiamo vivendo: quali possono essere le conseguenze?
“Naturalmente bisogna capire anche quanto durerà questo isolamento sociale. Perché più passa il tempo, più le crepe nella personalità saranno visibili. Avere momenti di scoramento rientra nell’assoluta normalità. In questi casi non bisogna avere paura di chiedere aiuto ai nostri punti di riferimento: un amico o un’amica, i nostri genitori, una persona importante. Non dobbiamo fare gli eroi e dire apertamente che oggi non stiamo bene. Insomma è vietato implodere. È vero, non possiamo toccarci, però possiamo chiamarci, anche videochiamarci se ci fa sentire meglio. L’esempio classico è di un nonno o di una nonna che voglia rimanere in contatto anche visivo col proprio nipotino. Tutte le attività che ci procurano piacere possono fare al caso nostro. Tornare a dipingere, oppure a suonare la chitarra che avevamo riposto nell’armadio. Quante volte abbiamo detto nella vita prima del coronavirus che se avessimo avuto del tempo, avremmo voluto imparare una lingua straniera? Questo è il momento di farlo. In molti restano fermi, perché spesso diciamo di voler realizzare i nostri sogni, ma alla fine era solo l’idealizzazione di noi stessi. Anche fare attività fisica può avere un ruolo importante. Lo yoga, ad esempio, può essere una scelta importante, perché mette in contatto la parte fisica con quella spirituale”.
Come affrontare la fase che stiamo vivendo: quando chiedere un aiuto professionale?
“Se l’apatia dura giorni, se non abbiamo voglia di fare niente, se dormiamo male e mangiamo peggio, allora è il momento di chiedere un aiuto professionale. Sono molti gli psicologi che offrono delle sedute, anche gratuitamente, di supporto via telefono o via web. Non bisogna far passare troppo tempo e agire il prima possibile”.
In famiglia come ci si deve regolare con la convivenza forzata?
“Se viviamo in famiglia il consiglio che sembra ovvio solo a parole è quello di ritagliarsi degli spazi personali. Può non essere facile, specie se si vive in appartamenti piccoli, come capita a molte persone. Però anche semplicemente regalarsi una doccia molto più lunga del solito o rinchiudersi nella camera da letto a leggere un libro o a parlare con un amico, lasciando la famiglia fuori dalla porta, può dare beneficio. Nel rapporto con l’altro l’antidoto è rappresentato dall’ascolto. Troppo spesso ascoltiamo solo per rispondere. Smettiamo di farlo e concentriamoci sui bisogni dell’altra persona in fondo basta pensare anche l’altro sta vivendo la nostra stessa difficoltà. Usiamo sempre gentilezza ed educazione. Due regole sociali che dovrebbero valere sempre e che diventano imprescindibili in una situazione così delicata. Se ci sono anche dei bambini la sfida è ancora maggiore, perché da un lato non capiscono perché i genitori a casa non siano a loro completa disposizione, dall’altro si annoiano facilmente dato che solitamente hanno una vita piena di stimoli. La noia può essere feconda perché ci fa confrontare con noi stessi e questo vale anche, e soprattutto, per i bambini o i ragazzi. Creare momenti precisi in cui ci dedichiamo esclusivamente a loro fa la differenza. Abbiamo molto più tempo per giocare con loro, cosa che magari prima facevamo molto poco. Certo, con ogni probabilità potrebbe succedere che le coppie che funzionavano prima, funzioneranno meglio durante e dopo l’emergenza. Le unioni che già scricchiolavano invece potrebbero trovarsi davvero in difficoltà e scegliere di sciogliersi una volta finito il lockdown”.
Come affrontare la fase 2: quali sono i consigli?
“Il dopo sarà progressivo. Viviamo di abitudini e quindi ci abitueremo man mano anche a questi cambiamenti che diventeranno normali. Dovremo rinunciare a molto, ma avremo forse anche imparato a comunicare cose che prima non comunicavamo, per pudore o per superficialità. È difficile immaginare come sarà la ricostruzione della nostra socialità, con le regole del distanziamento sociale e della mascherina. Complicato pensare alle vacanze, all’estate, alla spiaggia, agli incontri, ai bar e ai ristoranti. Ci sarà ancora molta diffidenza: ogni persona che incontriamo potrebbe trasmetterci il virus. Ci abitueremo a un galateo igienico che prima non conoscevamo. Tutti noi avremo amici che avranno sviluppato la malattia. In tanti avremo avuto anche dei lutti. Ci saranno ancora molti mesi di convivenza con il nemico, il coronavirus. La maggior parte di noi terrà uno stile distaccato e attento. Sarà una società più chiusa, dove tenderemo a frequentare le persone che conosciamo meglio”.
Come sarà il ritorno anche alla vita privata dopo un isolamento sociale così lungo?
“Anche in questo caso gradualità è il sostantivo giusto. La vita privata resterà fortemente condizionata seppur potremo tornarci a vedere. Prediligeremo le persone che conosciamo già. Anche negli approcci sessuali ci sarà più diffidenza e questo ci spingerà a frequentare, chi abbiamo già frequentato. Saranno molto più rare le avventure di una sera, anche se questo non vuol certo dire che ci fidanzeremo tutti. Anche nel sesso occasionale ci saranno persone che vorranno subito ributtarsi nelle abitudini precedenti. Del resto la presenza delle malattie sessualmente trasmissibili, come anche l’Aids, hanno reso prudenti solo alcuni. Basti pensare che c’è chi è disposto a pagare di più per una prestazione sessuale senza protezione”.
Come affrontare la fase 2: mano a mano torneremo a comportarci come prima?
“Progressivamente sì, anche se ci vorrà del tempo. Non possiamo vivere per sempre pensando di avere una pistola puntata addosso. Ci sarà come sempre chi impiegherà più tempo, altri che cercheranno di tornare velocemente alla loro vita di prima. Occorrerà una vera e propria ricostruzione della vita privata e sociale. Non ci sarà un “liberi tutti”: il virus continuerà a essere una presenza costante per diversi mesi. Sarà un lento e progressivo ritorno alla normalità che potrà anche essere una nuova normalità”.
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