Revenge porn

In Italia potremmo definirla come “porno-vendetta”, ma in tutto il mondo è conosciuta come “revenge porn”: è la pubblicazione sul web di foto e video intimi come strumento di vendetta contro l’ex partner. Una pratica estremamente pericolosa, che oltre a violare la privacy, può portare a conseguenze drammatiche, come dimostrano i recenti casi di suicidio da parte di giovani ragazze che non hanno resistito alla gogna dei social.

Un fenomeno dilagante

Smartphone a portata di mano e accesso facile alla Rete hanno fatto sì che questo perverso gioco tra ragazzini dilagasse sempre più fino a diventare una vera piaga sociale per cui ancora non è stato posto rimedio con una legislazione ad hoc. La cosa che però sconvolge di più, è il fatto che sempre più persone tendano ad avvallare questa pratica, frutto del “lato oscuro” della mente umana. Lo dimostra una ricerca pubblicata su International Journal of Technoethics dagli psicologi dell’Università del Kent, in Gran Bretagna.

Non lo farei, ma…

I ricercatori hanno intervistato un campione di cento utenti del web di età compresa fra i 18 e i 54 anni, sottoponendo varie domande per cercare di capire quale fosse la loro posizione nei confronti del revenge porn. I risultati sono a dir poco impressionanti.

Il 29% dei partecipanti non ha escluso di potersi vendicare pubblicando video e foto hot rubati, mentre addirittura il 99% degli intervistati ha dimostrato in qualche modo di avvallare questa pratica nel caso di abbandono da parte del partner. L’87% ha perfino manifestato un certo divertimento.

Personalità oscura

Gli psicologi britannici hanno scoperto che i soggetti più favorevoli alla porno-vendetta rientrano nella cosiddetta “triade oscura” delle personalità, comprendente individui propensi al narcisismo, al machiavellismo (cioè all’uso subdolo delle altre persone per scopi utilitaristici) e alla psicopatia.

Alcuni tratti del carattere in particolare sono risultati essere associati al fenomeno del revenge-porn, ovvero l’impulsività e la mancanza di empatia, cioè la capacità di capire i pensieri e le emozioni altrui.

Tutti complici

Sebbene la maggior parte degli intervistati non commetterebbe mai un gesto del genere, molti hanno mostrato una sorta di accettazione per questo fenomeno perverso sempre più dilagante. Anche questo atteggiamento passivo può essere pericoloso, spiegano gli psicologi, perché pure quelli che si ritengono solo spettatori del fenomeno finiscono per favorire la diffusione di immagini e video non autorizzati.
Elisa Buson

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