La chiave di Volta sarebbe la dopamina, il nerotrasmettitore coinvolto nel circuito legato al piacere e ricompensa nel cervello, che regola le associazioni negative nella memoria, mantenendo vivi o spegnendo i brutti ricordi e, di conseguenza, l’irrazionale paura da essi dipendente. La somministrazione di levodopa (L-dopa), il farmaco adottato nel trattamento del morbo di Parkinson che fa leva sulla dopamina, potrebbe quindi riuscire a controllare la paura e cancellare le esperienze negative, anche le fobie.
E’ questa l’ipotesi di Raffael Kalisch, dell’University Medical Center Mainz, e dei suoi collaboratori dell’Università di Innsbruck: i risultati dei primi esperimenti su topi e sull’uomo, ancora in corso per per esplorare i meccanismi psicologici e neurobiologici di ansia e paura, sono stati presentati ieri a Milano, in occasione del 9° Forum europeo delle neuroscienze, oggi in chiusura.
«La paura è una reazione essenziale per la salute e la sopravvivenza ma i ricordi legati a quelle situazioni possono causare ansie a lungo termine e fobie», ha spiegato il ricercatore. In psicoterapia è validata la cosiddetta ‘estinzione della paura’: il paziente è sottoposto a uno stimolo neutrale, come un cerchio o uno schermo, insieme a una sensazione dolorosa e, ben presto, inizia a prevedere il dolore in risposta al cerchio o allo schermo e la paura diventa condizionata. A quel punto il cerchio viene mostrato senza lo stimolo doloroso, in modo che i due fattori vengano dissociati. In psicoterapia una persona spaventata dai ragni verrà in questo modo gradualmente rassicurata sulla loro non pericolosità. «Se si è mentalmente abbastanza flessibili da riuscire a cambiare le associazioni create dalla mente – prosegue – allora si riesce a evitare meglio danni permanenti». Tuttavia, la paura legata a vecchie associazioni mentali può sempre tornare sotto nuove condizioni stressanti. La strategia ora sperimentata dai ricercatori tedeschi è di abbinare la psicoterapia al trattamento con levodopa, che potrebbe prolungarne i benefici a lungo termine. «Agire sui meccanismi che regolano la dopamina nel cervello è una via promettente per stabilire strategie di prevenzione primaria e secondaria della paura», conclude lo scienziato.