Terrorismo: sì ai viaggi, no alla paura

Come gestire la paura di andare in vacanza in luoghi noti, come gestire questo continuo allarme terrorismo? Affrontiamo questo tema con l’esperta di OK Paola Vinciguerra, psicoterapeuta, presidente Eurodap (Associazione Europea Disturbi da Attacchi di Panico), docente di soft skills presso l’Università di Roma Tor Vergata e Luiss (puoi chiederete un consulto qui). A maggio è uscito il suo ultimo libro “Terrorismo. Impariamo a vincere la paura” scritto con Eleonora Iacobelli ed edito da Minerva.

La strage di Nizza ha portato ancora una volta il terrorismo in casa nostra: qual è lo scenario e che cosa è cambiato in questi ultimi anni?

Da novembre scorso l’Europa sta vivendo una situazione di pericolo incombente, il terrorismo sta diventando quasi quotidiano, ripetuto. Colpisce mete e situazioni rappresentative della nostra cultura, generando ripetuti stati di allarme. Lo scopo dei terroristi è di fare più clamore e più morti possibili.
Questi ripetuti stati di allarme si ripercuotono su situazioni già tese e stressanti, come quella economica e sociale già precaria, senza dimenticare l’afflusso d’immigrati e la relativa emergenza. Tutto questo crea stati di ansia e grossa destabilizzazione rispetto agli schemi soliti. Da tre, quattro anni la nostra realtà si sta destrutturando e negli ultimi mesi la percezione del pericolo è cambiata: è come se stesse succedendo qua, in questo momento, anche se sta succedendo a Parigi o in Belgio.

Come sta reagendo la popolazione?

Paralizzandosi, che è la peggiore reazione che si possa avere, perché rischiamo di tornare indietro di 50 anni. Se si chiudono le frontiere ne risentirà l’economia, ma anche la vita sociale e culturale. Ci saranno meno viaggi e meno scambi tra i Paesi.
Il terrorismo sta facendo sentire pericoloso e minaccioso il nostro vivere quotidiano, le nostre abitudini come andare a un concerto, partecipare a una gita scolastica, andare al ristorante. Questo può portare a un meccanismo di “evitamento” che blocca tutta la nostra parte emozionale, di scambio, di esplorazione e di socializzazione. Senza calcolare che stiamo su una polveriera razziale perché è chiaro ed evidente che nel momento in cui ci sentiamo minacciati, ognuno di noi cerca il “nemico” per scaricare la tensione; essendoci una grande rappresentanza dell’ipotetico nemico si va incontro a un grave rischio di odio razziale.

La strage di Nizza ha coinvolto molti italiani e anche bambini: come aiutarli a superare il trauma? Come si può gestire questa emergenza dal punto di vista psicologico?

È importante intervenire subito, dando il giusto supporto a chi sta vivendo un trauma. Noi dell’EMDR siamo subito intervenuti a dare il nostro supporto psicologico alle vittime di Nizza ma anche a quelle dello scontro dei treni di Andria.
I bambini percepiscono l’atmosfera che si respira, le immagini che vedono anche di sfuggita in televisione, le voci che sentono li influenzano enormemente. Rischiamo di farli crescere al contrario di come dovremmo fare: stiamo trasmettendo ai nostri figli e nipoti che è tutto pericoloso, mentre dovremmo farli crescere in uno stato di sicurezza per aiutarli poi a sviluppare un’idea di autonomia. Invece gli stiamo trasmettendo che anche respirare è pericoloso. Le immagini ripetute possono, in persone sensibili e allarmate, creare un effetto di trauma vissuto. Il consiglio è di non esporre i bambini, ma anche noi stessi, al bombardamento mediatico d’immagini e notizie ripetute. Va bene essere informati sui fatti quotidiani, ma no al bombardamento sensoriale dell’immagine, a stare appiccicati al televisore seguendo gli aggiornamenti dell’ultima ora.

Come reagire? Qual è l’atteggiamento corretto da adottare?

L’atteggiamento deve essere molto fatalista. Il terrorismo ha la particolarità di non essere prevedibile, non è controllabile e ci mette molta paura. La nostra risposta ansiogena a questi accadimenti è determinata proprio dal fatto della non conoscenza del terrorismo in sé, che aumenta l’incontrollabilità del fenomeno. Nella realtà il terrorismo è certamente minaccioso, ma non come noi lo percepiamo, nel senso che non c’è un rischio costante, in ogni momento e in ogni città, di subire un atto terroristico.

Estate, tempo di viaggi: come partire sereni?

Prima di tutto organizzandosi e sviluppando un pensiero positivo che vada a rompere quello ossessivo e ansiogeno. Renderci conto che c’è un’imprevedibilità, ma questo non significa “allora sto per morire”. Dobbiamo aiutarci rendendoci conto che il terrorismo non è una minaccia imminente cosi come la percepiamo, ma è una possibilità negativa intorno a noi che può accadere. Non possiamo bloccare totalmente la nostra vita perché potremmo scontrarci con un atto terroristico, dobbiamo liberarci dal pensiero ansiogeno.
Dobbiamo continuare la nostra vita di tutti i giorni, continuando a viaggiare, continuando a mandare i nostri figli all’estero, ovviamente prendendo le dovute precauzioni. Non potendolo controllare, l’unica cosa che possiamo fare è continuare a vivere.
Sì ai viaggi, sì alla nostra vita come era, perché purtroppo non ci possiamo proteggere da una eventualità assolutamente imprevedibile. Dobbiamo sperare di non stare nel posto sbagliato al momento sbagliato, ma questo vale per qualsiasi circostanza, anche per gli incidenti stradali. Non ci possiamo proteggere con il controllo dalla casualità, possiamo proteggerci da cose prevedibili, ma quando non lo sono purtroppo è inutile.

Eliana Canova

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