meritocrazia

Chiedere più meritocrazia non è solo una questione di giustizia, ma perfino di salute. Lavorare in un posto dove fanno carriera solo i “furbetti” e le decisioni vengono prese in maniera poco trasparente, riduce il nostro senso di benessere fisico. Al contrario, ci sentiamo più sani, positivi e produttivi quando vediamo vincere il senso di giustizia, sia per quanto riguarda la divisione dei compiti, che per le promozioni e gli aumenti di stipendio.

Lo dimostra uno studio condotto su quasi 6.000 lavoratori svedesi dall’Università di Stoccolma e dell’Anglia Orientale, in Gran Bretagna.

La ricerca ha voluto fare luce sulla relazione che lega la salute dei dipendenti alla cosiddetta “giustizia procedurale”, ovvero la correttezza che governa i rapporti tra le persone sul posto di lavoro e l’evoluzione della loro carriera.
Per approfondire il tema, i ricercatori hanno analizzato i questionari compilati da 5.800 lavoratori svedesi nell’ambito dell’indagine “Swedish Longitudinal Occupational Survey of Health”, che viene condotta ogni due anni per valutare il rapporto tra ambiente di lavoro e salute.

Ai partecipanti è stato chiesto di valutare il loro stato di salute generale su una scala da zero a cinque, per poi descrivere le dinamiche osservate sul posto di lavoro: il questionario chiedeva ad esempio se venivano prese in considerazione le opinioni di tutti e se c’era la possibilità di contestare le decisioni dei vertici.

Le risposte, raccolte tra il 2008 e il 2014, non lasciano spazio a dubbi: chi vede scomparire meritocrazia e condivisione sul posto di lavoro, percepisce un minore benessere fisico. D’altra parte, anche variazioni dello stato di salute finiscono per condizionare il modo in cui percepiamo di essere trattati da capi e colleghi.

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