Tredici

Infuria la polemica sui ragazzini inquieti di “Tredici” (“13 Reasons Why”), la serie per adolescenti trasmessa dalla tv on demand Netflix, che sta riscuotendo grande successo in tutto il mondo.

Paura per come viene trattato il suicidio

A poche ore dalla conferma che ci sarà anche la seconda stagione, psichiatri statunitensi e britannici lanciano l’allerta sul modo equivoco e distorto con cui la fiction presenta temi molto delicati come il suicidio. Il rischio emulazione per i giovani è altissimo e potrebbe comportare tragiche conseguenze.

Rischio contagio

«È dimostrato un aumento dei suicidi tra gli adolescenti quando i giornali riportano un simile caso di cronaca o quando una fiction rappresenta un suicidio: il 3% dei casi sembra essere riconducibile proprio a questo effetto contagio», spiega Benjamin Shain, psichiatra infantile della NorthShore University Health System dell’Illinois, intervistato da Medscape Medical News. «I media lo sanno da anni e per questo è ormai raro che un suicidio venga riportato sulle prime pagine dei giornali: la copertura di questi casi di cronaca tende ad essere un po’ silenziata».

Il caso “Tredici”

Questo codice di comportamento adottato dai giornali sembra invece essere stato dimenticato dagli autori della serie televisiva, che «celebra il suicidio – afferma Shain – e lo presenta come qualcosa che ha a che fare con la vendetta. Lo rende quasi attraente e non menziona mai la malattia mentale o la depressione. Chi può dare aiuto o consulenza viene dipinto come uno stupido e così i ragazzi non vengono incoraggiati a chiedere aiuto alle figure professionali più adatte».

Come correre ai ripari

Travolto dallo tsunami di polemiche, Netflix ha annunciato che metterà in guardia il pubblico segnalando il pericolo associato ai contenuti della fiction con messaggi ancora più evidenti, ma questo, secondo gli esperti, potrebbe non essere sufficiente. «Abbiamo la responsabilità di proteggere bambini e adolescenti», afferma la portavoce degli psichiatri britannici Helen Rayner, intervistata su The Guardian. «Una descrizione teatrale e dettagliata del suicidio aumenta in modo ingiustificato il rischio di emulazione tra i giovani più vulnerabili, dal momento che vedono come eseguire queste azioni pericolose e potenzialmente fatali. La rappresentazione del suicidio potrà influenzare un piccolo numero di spettatori, ma le conseguenze possono essere davvero tragiche».

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