Gli italiani sono un popolo di santi, poeti, navigatori e anche chiacchieroni: la vera passione nazionale è quella di criticare o comunque di dire la propria su ogni evento.
Così se durante i Mondiali di calcio diventiamo tutti dei commissari tecnici, durante il Festival di Sanremo la qualità che spicca è quella dei critici musicali e televisivi, con il paradosso che molti dei telespettatori seguono la gara canora non perché la amano, ma semplicemente per demolirla.
Quindi, invece di cambiare canale, uscire con gli amici o andare al cinema, preferiscono sorbirsi ore e ore di canzoni, presentazioni, vallette e ospiti internazionali indigesti, solo per il gusto di criticare. Un tempo avveniva tra le mura domestiche, oggi in tempi social il fenomeno è esploso su Facebook, Twitter e Instagram.
Ma perché quasi nessuno riesce a sottrarsi a questo rito collettivo che da sessantasei anni catalizza un’intera nazione davanti alla televisione?
«Come esseri umani noi siamo costruiti per la socialità – spiega Giovambattista Presti, professore di Psicologia Generale all’Università Kore di Enna. – Quindi siamo disegnati per stare insieme e per fare gruppo. In questo modo ci costruiamo eventi che ci fanno stare insieme, dagli antichi romani con il circo per gli spettacoli dei gladiatori, per i giochi ludici, fino ai grandi happening di piazza. Noi creiamo eventi per stare in gruppo».
E il Festival quindi? «Sanremo è un aggregatore – continua Presti. – Ad esempio non tutti sono interessati al Super Bowl, ma diventa un catalizzatore per fare stare insieme un gruppo. Così Sanremo. L’interesse non sempre è per le canzoni, anzi. Se guardiamo anche i giornali non sempre emerge la canzone, più che altro emergono i gossip, i vestiti, come si è comportata la diva. E ora che la famiglia è diventata la famiglia social, si scatenano i cinguettii su Twitter o i post su Facebook per criticare o elogiare qualsiasi cosa. Ci sono tutti gli elementi per poter chiacchierare».
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