In una società dove le informazioni sulla salute sono numerose e spesso allarmiste, l’attenzione al proprio benessere può diventare un’ossessione (lo sai che differenza c’è fra mania e ossessione? Leggi qui). L’ipocondria è una vera e propria malattia, generata da ansia e insicurezza. Come riconoscerla e come curarla? Abbiamo approfondito l’argomento con l’esperto di OK Roberto Pani, Psicoterapeuta e Psicoanalista. È specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia Alma Mater Studiorum Università di Bologna (puoi chiedergli un consulto qui).
Che cosa è l’ipocondria e come si manifesta?
La caratteristica essenziale dell’ipocondria si lega al terrore, o alla convinzione, di ammalarsi in base a piccoli sintomi che, come spesso accade allo studente di medicina quando è alle prese con l’esame di patologia generale, sembrano indicativi di probabile malattia, ma che invece spesso sono immaginari e portatori di “fantasmi”.
Le rassicurazioni medico-cliniche non sono per niente sufficienti a placare l’ansia di essere ammalati. Il paziente è contento di avere provvisoriamente attirato le attenzioni del medico, che con la sua diagnosi benevola pensa di aver concluso la valutazione clinica, quando in realtà non è così.
Perché quest’attenzione esagerata alla nostra salute?
Molte notizie che ci giungono allertano la nostra attenzione e preoccupazione per la nostra salute. La verdura può essere contaminata da anticrittogamici, fosfati, solfati, la carne di ormoni, antibiotici, il pesce di metalli pesanti, le scatolette ammaccate possono indicare la presenza di botulismo (si chiama Ortoressia, quando mangiare sano e i cibi salutari diventano un’ossessione, leggi l’articolo per saperne di più). Se le mani non sono ben lavate, possono distribuire batteri come lo stafilococco aureo. Insomma, le infezioni, e non solo, sono dietro alla porta. L’uso indiscriminato, per più di settanta anni, delle penicilline e antibiotici ha creato nell’aria ceppi resistenti all’efficacia delle cure farmacologiche preoccupando la Sanità. Si deduce che l’attenzione verso la salute del nostro corpo è costretta a risvegliarsi, prendersi cura di tante e troppe minacce. In tal senso, dall’attenzione scrupolosa verso una buona igiene per alcune persone può scattare una pericolosa malattia che si chiama ipocondria.
Come si riconosce clinicamente?
Nell’ipocondria la suggestione è tra le principali protagoniste del disturbo. Un altro elemento causale importante è dato dall’immagine di Sé: l’insicurezza e l’ansia, il bisogno di essere al centro di un’attenzione affettiva, sentirsi soli e abbandonati genera un senso di smarrimento, con attacchi di panico al punto che l’idea di essere ammalati, pur con sofferenza, si trasforma almeno in un elemento di riferimento certo e in quel senso, inconsciamente rassicurante. Se l’ipocondriaco si sente solo, depresso, con un senso di smarrimento, è probabile che il terrore e il senso di morte, sia sotteso nel suo mondo psichico, come se avvenisse in lui un forte senso di perdita d’identità.
Quali sono i soggetti più esposti a questo disturbo? Esiste una famigliarità?
L’ipocondria colpisce indistintamente donne e uomini. Alcune psicopatologie severe trovano come esordio l’ipocondria, che rimane l’ultimo grido d’allarme del paziente prima di un crollo psichico. Non è raro che in passato l’ipocondriaco abbia avuto uno stile di vita lamentoso, preoccupato, teso a controllare; può inoltre aver vissuto con genitori o parenti ansiosi poco rassicuranti, uno dei quali ha imposto uno stile perfezionistico o di tipo ossessivo.
Il paziente stesso, inoltre, può essere stato colpito da una patologia grave e in seguito a questo trauma ha mantenuto uno stato di allerta cronico.
Come si cura?
Chi si occupa di curare l’ipocondria severa non si sofferma soltanto sulla rassicurazione, con l’obiettivo di confermare che l’ipocondriaco è esente dalle malattie, quelle che egli dichiara di temere, anche se in buona fede e ossessivamente convinto. L’osservazione psicologica di psicodinamiche che mettono al centro il mondo affettivo è molto più utile in funzione della cura rispetto al tentativo ostinato di convincere che il malato non è affetto da certe malattie che lui/lei percepiscono in se stessi. Comunque non devono mai essere trascurati o addirittura ignorati sintomi o lamenti. La somministrazione di alcuni farmaci da parte del medico specialista come serotoninergici e in qualche caso, anche benzodiazepine, possono essere di aiuto nel contrastare l’insicurezza e l’angoscia dei sintomi.
Infine, la psicoterapia psicoanalitica, se il paziente è motivato, può essere di grande aiuto.
Eliana Canova
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