professore cattivo

Non riuscite ancora a togliervi dalla testa il volto di quel professore di matematica che tanto vi ha fatto soffrire a scuola? Non vi preoccupate, è tutto normale: le facce delle persone che bolliamo come “cattive” ci rimangono letteralmente stampate nella memoria per un meccanismo di autodifesa. Lo hanno scoperto gli psicologi dell’Università di Milano-Bicocca, che pubblicano i risultati dei loro studi sulla rivista Plos One.

A volte non serve un perché: ci basta incrociare uno sguardo per classificarlo all’istante come pericoloso o minaccioso, anche senza un reale motivo. Il pregiudizio negativo nasce nel nostro cervello, in una regione chiamata corteccia prefrontale mediale sinistra, che diventa tanto più attiva quanto più il personaggio ci pare immorale o socialmente pericoloso. Il suo ricordo riesce così a radicarsi nella nostra memoria, per un meccanismo ancestrale di difesa: da un punto di vista evolutivo, infatti, è molto utile ricordarsi di un soggetto potenzialmente pericoloso che può danneggiarci.

I ricercatori della Bicocca lo hanno scoperto grazie ad un semplice esperimento che ha coinvolto 17 studenti universitari. Nella prima fase, i volontari hanno osservato le foto di 200 facce associate ad una breve storia di fantasia che descriveva caratteristiche positive o negative di ogni persona. Nella seconda fase dell’esperimento, i partecipanti sono stati sottoposti ad un test di memoria del tipo “vecchio/nuovo”, in cui dovevano distinguere 100 volti nuovi dai 200 già visualizzati in precedenza. Durante l’esecuzione del test, la loro attività cerebrale è stata attentamente monitorata grazie a una cuffia hi-tech dotata di 128 elettrodi.

I risultati dimostrano che i pregiudizi nascono in appena 500 millisecondi, praticamente in un batter d’occhio. I pregiudizi negativi sono in genere associati alla crudeltà e alla totale mancanza di empatia, ad azioni illegali gravi ed in particolare ai reati contro la persona. Di fronte alle facce “cattive” si genera una più intensa attività della corteccia prefrontale e una codifica più profonda dell’immagine, che ci rende i volti negativi più familiari e facili di ricordare. Il pregiudizio negativo “accende” anche regioni del cervello legate all’emotività, che conservano il ricordo dello stato d’animo provato durante il primo incontro con quei volti.

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